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Zone umide e aree di cresta (Programma Interreg II)

L'Ente Parco ha ottenuto dalla Comunità Europea un finanziamento, con fondi Interreg II ('94-'99), per un progetto relativo alla tutela delle seguenti zone:

  • le piccole zone umide e le sorgenti d'alta quota nell'area del Colle di Scaredi e della Cima della Laurasca
  • gli ambienti d'alta quota nell'area della cresta Pian Cavallone, Pizzo Marona, Zeda, Cima Crocette e Monte Torrione.

Il progetto, denominato «Concetto di paesaggio transfrontaliero protetto» è stato suddiviso in due parti relativamente alle due zone d'interesse.
Il fine di queste ricerche è stato quello di dotarsi di dati scientifici utili per una gestione degli ecosistemi considerati che sappia integrare le attività umane (allevamento ed escursionismo) con le esigenze di salvaguardia ambientale.
Gli studi sono stati affidati a ricercatori delle Università di Varese e Torino e dell'Istituto Italiano per lo Studio degli Ecosistemi del CNR di Pallanza che hanno studiato le sorgenti e laghetti di quota e analizzato l'entomofauna in relazione alle caratteristiche vegetazionali del territorio.

Le zone umide
In Val Loana, intorno all'Alpe Scaredi e presso l'Alpe Geccio, sono presenti numerose pozze e alcuni piccoli laghi. Nel corso del 2000 e del 2001, alcuni di questi ambienti sono stati studiati per valutare se, e in che misura, risentano dell'acidità delle deposizioni che interessano quest'area.
I tre laghetti principali sono il Lago Geccio, il Lago del Marmo e il laghetto che si trova tra Scaredi e la Cima della Laurasca.
Grazie al miglioramento della qualità delle deposizioni atmosferiche, in tredici anni, il pH del Laghetto di Scaredi è aumentato da 4,6 a 5,0, e quello del Lago Geccio da 5,5 a 6,6. Per quanto riguarda il Lago del Marmo, la sua riserva alcalina era già sufficiente a neutralizzare l'acidità delle deposizioni: infatti il suo pH è rimasto molto vicino al valore di 6,7 misurato nel 1987.
Da un punto di vista biologico le ricerche hanno inoltre fornito utili informazioni sulle comunità di macroinvertebrati presenti nei laghetti che evidenziano, con alcune differenze dipendenti dalla chimica dell'acqua, una fauna piuttosto ricca e diversificata.

Le creste
Le vegetazioni che caratterizzano le aree di cresta (pascoli e praterie, lembi di brughiera e arbusteti a rododendro e mirtillo), costituiscono l'habitat di numerose specie endemiche (cioè esclusive di uno specifico territorio) e rare di Coleotteri Carabidi. Dal momento che le popolazioni di Carabidi sono molto selettive nei confronti delle caratteristiche dell'habitat, la loro presenza in termini di ricchezza e diversità può essere considerata indicatrice della qualità ambientale di un dato territorio.
Nell'area di studio sono state individuate 237 specie tra cui 10 di licheni e 60 di briofite (muschi).
In presenza di suoli maturi e a quote inferiori ai 2000 metri l'ambiente evolverà verso la faggeta, eventualmente mista con abete bianco. A quote superiori i 2000 metri o in presenza di suoli grezzi è invece verosimile l'insediamento di arbusteti montano-subalpini, in particolare di rodoreti o di alnete ad ontano verde in relazione soprattutto al grado di umidità.
Le indagini effettuate hanno permesso di evidenziare come il popolamento di Carabidi degli ambienti studiati sia piuttosto omogeneo. Le specie più diffuse sono risultate Carabus lepontinus, Carabus bonelli e Pterostichus spinolae.
Per quanto riguarda l'interazione con le attività umane presenti, si può affermare che l'escursionismo determina un basso impatto e che una corretta gestione delle attività rurali può contrastare il processo di arbustamento e conservare quindi una vegetazione a pascolo adatta ad ospitare le specie più peculiari di Carabidi.

PDF Aree di cresta e zone umide: risultati delle ricerche (3,6Mb)

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