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Le Libellule del Parco Nazionale della Val Grande

I cambiamenti climatici che si stanno manifestando a livello globale rappresentano una grande sfida per coloro che si occupano di tutela dell'ambiente e conservazione della biodiversità. Gli effetti dei mutamenti del clima si manifestano in maniera più evidente alle alte latitudini e in quota, rendendo gli ecosistemi montani degli "early warning systems", cioè delle vere e proprie sentinelle del cambiamento climatico.
Informazioni importanti sugli effetti del clima che cambia si ottengono anche dallo studio delle popolazioni di alcune specie animali e vegetali a cui si riconosce il prezioso ruolo di indicatori biologici. Sono quegli organismi che reagendo in maniera sensibile ai fattori stressanti naturali o antropici possono fornire indicazioni utili per valutare le modifiche della qualità dell'ambiente in cui vivono. 

Le libellule come bioindicatori

Le libellule, insetti appartenenti all'ordine degli Odonati, per alcune loro caratteristiche vengono considerate come validi bioindicatori. Ottimi volatori da adulti, le libellule compiono gran parte del loro ciclo vitale in ambienti acquatici e sono quindi in grado di fornire informazioni sia su questi ultimi sia sugli ambienti terrestri. Inoltre, le libellule, organismi eterotermi, necessitano di temperature miti per poter volare, così come lo sviluppo delle larve è condizionato dalla temperatura dell'acqua. Mentre alcune specie tipiche dei climi caldi hanno beneficiato dell'aumento delle temperature ampliando il loro areale, altre, meno adattabili perché tipiche di aree con climi più freschi, dimostrano invece una maggior esposizione al rischio di estinzione.

Il Parco Nazionale della Val Grande, grazie al suo ambiente ricco di torbiere, pozze, laghetti e acque lente, oltre a ruscelli e torrenti, costituisce un ambiente ideale per le libellule. Nel 2016 Il Parco ha portato avanti un'indagine per monitorare le specie presenti che si è concluso con una pubblicazione, a cura di Andrea Mosini e Lucia Pompilio, che rappresenta un valido contributo agli studi già esistenti sulle popolazioni piemontesi e una novità per quanto riguarda, in modo specifico, le libellule dell'area protetta del Parco e del Verbano Cusio Ossola più in generale, per le quali non esistevano ricerche strutturate, in parte anche per le caratteristiche di scarsa accessibilità ad alcune zone del Parco.

Le libellule in Val Grande: quali e quante?

Le ricerche si sono svolte in 7 aree principali, all'interno dei limiti dell'area protetta e in alcune zone limitrofe, tra cui anche l'oasi WWF Pian dei Sali, suddivise in siti di campionamento caratterizzati da prati umidi, torbiere, laghi, corsi d'acqua e pozze naturali, in un'area di circa 200 ettari fino a raggiungere i 2000 metri di quota. Le uscite per il monitoraggio si sono svolte durante il periodo di massima attività delle specie target e con condizioni meteorologiche idonee al volo: temperatura dell'aria superiore a 17°C, assenza di vento, copertura nuvolosa non superiore al 75% e ore centrali della giornata.

Le libellule sono state identificate mediante osservazione diretta dopo cattura con retino entomologico o tramite immagini digitali, secondo le indicazioni redatte da Dijkstra e Lewington, pubblicate nel 2006, evidenziando la specie e il sesso in quelle che manifestano dimorfismo sessuale. La ricerca partiva da una lista di 18 specie possibili e probabili, ottenuta sulla base dei pochi dati disponibili, cui si sarebbe verificata l'effettiva presenza, valutando anche gli stadi larvali per accertarne la riproduzione.

I risultati hanno confermato la presenza di 21 specie totali, nessuna inserita in alcuna categoria di minaccia secondo i parametri dell'IUCN per il territorio italiano. Mancano all'appello due specie - Enallagma cyathigerum e Anax imperator - di cui era nota la presenza nel territorio del PNVG, per le quali non sono stati ritrovati individui adulti, ma che potrebbero essere reperibili in altri siti meno accessibili o in un periodo più tardivo. Sono state osservate però 6 specie nuove, di cui una, Cordulegaster bidentata, all'interno del perimetro dell'area protetta e altre 5 - (Calopteryx splendens, Chalcolestes viridis, Onychogomphus forcipatus, Somatochlora metallica, Crocothemis erythraea) - nei territori limitrofi.

Studi di questo genere forniscono informazioni estremamente utili sullo stato di salute degli habitat di questi insetti, habitat importantissimi anche per la sopravvivenza di altri animali, quali uccelli acquatici e anfibi. Le informazioni ottenute possono e dovrebbero servire per individuare delle linee guida necessarie per gestire gli interventi antropici, quali il taglio dei boschi o gli interventi sui corsi d'acqua, in modo che abbiano il minor impatto possibile sul delicato equilibrio degli ecosistemi.


(foto di: Manuel Piana)
Calopteryx virgo
Calopteryx virgo
(foto di: Dino Perrotta)
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